Tornavo proprio ieri sera dalla visione di questo film d'animazione giapponese e, anche se in ritardo di ventisei anni, credo che si meriti un paio di frasi. A quanto pare Miyazaki sembra l'unico regista giapponese che non viene classificato come 'Ah, i Pokemon' oppure come 'Goku'. Essì perché parli con un parente, un passante o il tuo tabaccaio, magari ci parli anche di cinema e ti scappa 'Vado a vedere un film d'animazione giapponese ( un anime )' e ti rispondono con 'A me quelle robe dove si menano e urlano non piacciono. Mio nipote le guarda, chiedi a lui.' No ma, a parte questi excursus di vita di quartiere, Miyazaki non ne sbaglia una eh. Certo, è il suo terzo film, il primo con lo Studio Ghibli e non è espressivo come i più famosi e i più amati, però allude a molti temi sicuramente interessanti e a cui lui è particolarmente legato.
Voglio dire, sì, è Miyazaki, ma non è tutto oro colato quello che partorisce. Questo film ha degli spunti buoni ma messo a confronto con la sua produzione non raggiunge forse la sufficienza. Laputa ( il nome dell'isola volante su cui si erge il castello ) si mantiene su un profilo basso rispetto ad altre opere dello stesso autore, non spiccando sicuramente per l'originalità né per un'analisi approfondita di quelle tematiche di cui parlavamo prima e di cui si tratterà meglio in seguito. Lo stile è legato ancora al suo primo periodo, quello di Nausicaa o della prima serie di Lupin III, ma la poetica si può comunque percepire nei paesaggi naturali e nelle macchine ( sia i robot, sia gli aerei ) curati personalmente da Hayao. Come sempre partiamo da un piccolo occhiello sulla trama: C'è questa Sheeta che possiede una pietra dal potere gravitazionale e viene trovata da un ragazzino operaio che abita da solo, Pazu, che la salva da Aviopirati e dall'Esercito. Eccerto, perché è inseguita da tutti per via della pietra maggica. Insomma si arriverà a Laputa, questo castello nel cielo, e dopo qualche monologo del supercattivo finisce tutto e vissero felici e contenti. Ho saltato a piè pari dosi di storia per evitare anche il più piccolo spoiler. La storia si muove in modo lineare, che dire lineare è un complimento in questo caso. Gli eventi sono già scritti da tre scene prima, capisci qualsiasi cosa perché te la spiattellano in faccia. Ok, sì, è dell'86, ma non è che dal nulla questa ragazzina prima dice 'Ah non so cosa sia questa pietra' e poi mano a mano esce fuori che le hanno insegnato le parole magiche per usarla, eddai.
Vincitore del premio 'Supercattivo d'oro' è Muska, uno degli uomini con gli occhiali scuri che trattano col governo. Un tizio col parrucchino e degli occhiali che si illuminano e scintillano quando pronuncia una frase malvagia. Questo effetto è molto in voga tra gli animatori giapponesi, ma con lui davvero faceva ridere la cosa. Il suo grande potere è una piccola magnum calibro 44 e nel momento clue del film Pazu gli chiede di poter parlare con Sheeta. Muska accetta e concede tre minuti ai due ragazzini. Detta così forse non rende l'idea, ma dovete capire che fino a due secondi prima voleva ammazzarli e stava sparando alla cieca contro di loro, appena il tipo gli chiede di temporeggiare accetta.. che uomo d'onore. Laputa ( e non La Puta, qualcuno in sala credeva fosse un film porno spagnolo ) è ovviamente un tributo al mondo onirico di Swift e dei viaggi di Gulliver. La base ovviamente è quella tratta esplicitamente dal libro ( lo dicono anche nel film stesso ), e Laputa è uno dei regni in cui Gulliver va a capitare, confrontandosi con una tecnologia avanzatissima ma senza una relazione con la realtà. Le tematiche del film di Miyazaki sono varie, lui riesce a trattare tanti tipi di aspetti umani grazie a quei pochi archetipi ricorrenti: la ragazzina, la vecchia, il luogo magico. Qui ci troviamo davanti alla critica verso il potere che cerca di distruggere la natura, parteggiando verso una posizione più ambientalista, antimilitare e dai forti accenti buonisti. Il finale del Castello nel Cielo si ricollega però ai racconti di Swift, arrivando alla conclusione che della terra si ha bisogno e la tanta tecnologia, fine a se stessa, è destinata a collassare. Il film è comunque una pellicola gradevole, che non è invecchiata benissimo soprattutto se messa a confronto con altri capisaldi dello stesso genere, ma che può far trascorrere piacevoli momenti, soprattutto durante le scene in cui si esalta e si osanna la comunione di tecnologia e natura.
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